Prima e dopo la chemioterapia

“Cancro” fino a quando non lo conosci di persona non ti puoi rendere conto di cosa esso sia e di come possa cambiarti la vita e non solo la tua ma anche di quelli che ti amano. Ho tanto coraggio, così dicono, ma cosa si può fare se non avere coraggio, dannazione e ancora non ho cominciato la mia odissea, ne sono solo venuta a conoscenza..." di Luana Cammarota

 

Spezzoni di vita.

Amare è la cosa più bella di questa vita è un gioco di dare e avere che ti riempie l’anima come una musica entra ed esce dentro di te, ti riscalda, ti da la carica per superare le avversità. Nulla vi è di più bello che l’amore se poi riesci a farti amare hai raggiunto lo scopo della tua vita e forte della vita stessa.

“Cancro” fino a quando non lo conosci di persona non ti puoi rendere conto di cosa esso sia e di come possa cambiarti la vita e non solo la tua ma anche di quelli che ti amano.

Ho tanto coraggio, così dicono, ma cosa si può fare se non avere coraggio, dannazione e ancora non ho cominciato la mia odissea, ne sono solo venuta a conoscenza.

Inizialmente senti un liquido fresco entrare dentro di te, poi aspetti i risultati di questa iniezione letale tossica.

Sembra tutto bene quando in piena notte ti rigiri da un lato poi dall’altro, non riesci a chiudere l’interruttore cerebrale, non puoi rilassarti, la testa ti cuoce, ti sembra di avere un fuoco in testa e quando chiudi gli occhi immagini terribili ti si presentano alla memoria: prima bestie quali ragni, coleotteri, serpenti e quant’altro, poi delle figure gelatinose come tanti piccoli neonati, poi persone per lo più donne, più adulte con in bocca conficcato un punteruolo ed altre scene disgustose. Poi all’improvviso senti scorrere nel ventre, nel petto e nel braccio sinistro qualcosa come un liquido che cammina e senti un dolore, poi un gran caldo in tutta la persona e ti senti nervosa, a pezzi come se qualcuno ti prendesse e ti tirasse. La mattina invece un po’ di dolore allo stomaco poi un forte dolore ad entrambi i polsi per circa cinque minuti, un dolore acuto insopportabile, poi il nulla ed è questo quello che più mi piace.

E mia madre in un letto a soffrire per sé, già all’ultimo stadio. Come diventa assurda questa vita, io che credevo di dovermi occupare di lei non so ancora se sarò in grado di occuparmi di me.

Domani non sarà così buio, dovrà pure avere uno spiraglio di luce, che non sia quello del pensiero della morte.

Ed io che mi credevo forte, stasera ho dato il meglio di me, avevo appena fatto la chemio che mi sono scontrata con tutti, ho fatto la bava dalla bocca, ho sputato ed infine sono scoppiata a piangere, ma più che altro di disperazione e a ripetere che volevo morire, non voglio soffrire, non voglio fare tutto quello che mi aspetta, che ho paura, che loro non accettano la mia condizione di malata, perché io non l’ho accettata e che sembravo calma, ma in realtà ho i nervi a pezzi e forse era questa la reazione che avrei dovuto avere quando mi era stato diagnosticato il cancro. Invece avevo preso come se tutto non stesse capitando a me.

Invece con quelle due siringhe rosse di chemio e tutte quelle flebo ho capito e forse il liquido dentro di me mi ha fatto capire che non era un sogno ma che era tutto vero e che capitava a me. Che il termine dei cinque anni per escludere il male è un beneficio di pochi, perché ci sono tanti che combattono questa guerra da dieci anni.

È positivo conoscere queste esperienze perché sai a cosa vai incontro ed è negativo se sei debole, perché ti uccide tanto, forse anche più il pensiero di quello che ti va a capitare che del capitare stesso. Sono un po’ contorta nello spiegare, però è così che mi viene e mi viene tutto di getto, senza pensare, proprio come se la penna scorresse senza che io le chiedessi di farlo tanto è quello che provo e vorrei trasmetterlo, perché possa chi legge capire la situazione della persona che deve affrontare una cosa così grande. Di morire nessuno ci pensa, la morte è lontana da noi quando stiamo bene, non vogliamo nemmeno pronunciare quella parola tanto ne siamo lontani mentalmente.

Quando invece sei malato e soffri, ecco che ne hai paura, cominci a pensarci, ma non tanto alla fine di tutto, a quello che non potrai più vedere, a quello che lascerai; ma alla paura di soffrire, sì perché si diventa egoisti, non si pensa a chi si lascia, si pensa a noi. Pensi a chi non vorresti lasciare se stai bene, se hai la forza di reagire e combattere. Ma se perdi queste due armi, allora ti viene la depressione, pensi solo a quando tutto questo finirà e non ti interessa più chi devi lasciare, pensi solo a lasciarti andare.

Mamma sei la persona che devo imitare, quello che riesci a fare tu puoi farlo solo tu. Stai combattendo contro il cancro, ma di più contro la morte che cerca di strapparti la vita e lotti per me, perché sono il tuo scopo di vita. È vero il cordone ombelicale non si è mai spezzato e poi ammalarmi del tuo stesso male non è un segno del destino? Non è forse che io e lei viviamo in simbiosi?

Ma ho anche un grosso rimorso nella vita, non aver capito la gravità della malattia della mia amica, la scusa che lei voleva essere ricordata quando stava bene, è stato per me un alibi a non andare da lei quando forse lei aveva bisogno di me.

Oggi che sto passando questo momento in prima persona mi sento vigliacca e incapace di comprendere la sofferenza altrui. Eppure in casa di sofferenza ne ho vista da quando sono nata. Ma non basta mai, non ti serve come esperienza e forse a volte non ti basta neanche quando ti colpisce e questo non è bene.

Addio mamma il 20/8/2004 mi hai lasciato per sempre. Hai finito il tuo calvario. Porterò sempre con me la tua sofferenza, della quale ho partecipato e della quale in parte ho rimorso per aver seguito il consiglio della guardia medica di mandarti all’ospedale, quando tu non volevi andare, anzi sentivi che saresti morta e volevi fosse a casa tua. Avevo percepito che era arrivata la tua ora, ma rifiutavo questa idea, anzi l’allontanavo da me, speravo così che tu saresti tornata dall’ospedale attiva come sempre, come fino all’esalazione del tuo ultimo respiro. Non ho pianto, ho cercato di reagire come tu avresti voluto che facessi e ho potuto procedere a tutto quanto la burocrazia mi diceva di fare per poterti accontentare perché tu potessi riposare in pace.

Morire è l’unica cosa certa di questa vita. Tutti prima o poi dobbiamo andarcene, dove non ci è ancora dato di saperlo, forse rinasciamo o forse no, forse il nostro spirito o anima vivrà dopo di noi oppure morirà con noi. L’unica cosa certa è che non ne parliamo mai, anzi cerchiamo di evitare di parlarne, la temiamo, invece credo che per alcune persone possa essere anche un bene, una liberazione. Eppure è sempre vissuta come una sofferenza, la paura ci annienta e la paura dell’incertezza ancora di più. Ma lo stesso quando si raggiunge il momento fatidico siamo spaventati, le paure tornano a condizionarci. Io più che della morte sono terrorizzata dalla paura della sofferenza, dell’inferno di questa vita.

E purtroppo non dipende sempre e solo da noi il volere una vita anziché un’altra, credo che in parte sia tutto disposto alla nostra nascita, solo qualche cosa possiamo influenzare il nostro destino, ma non tutto. È vero se facciamo una vita disordinata rischiamo di peggiorare il nostro tenore di vita, ma se il male è dentro di noi, non possiamo fare niente per fermarlo, lui avanza inesorabilmente.

Malesseri sono un po’ dovunque ma per fortuna di breve durata, al massimo quindici minuti. Il problema a sei giorni di distanza è il dolore all’addome quando devo evacuare, dolori che mi fanno andare giù di pressione, imbianco e sento le forze andarsene, come se stessi per svenire. Poi ho vari dolori alle ossa, debolezza nelle gambe, ma se tutto si limitasse a questo credo di farcela… speriamo.

Che fatica leggere, gli occhi mi battono e si appannano, duro veramente tanta fatica e gli occhi la mattina si aprono bucano.

Non voglio piangere su me stessa però a volte credo veramente che il mondo si accanisca contro di me. Non è facile per me affrontare la vita, ma è ancora più difficile in quanto quello che devo fare è sollevare gli altri, incoraggiarli, cercare di dire le cose in maniera che non si offendano e questa è la cosa più difficile da farsi.

Farò tutto… anche se penso che in fondo in fondo non è quello che voglio, perché sono stanca, ho solo voglia che tutto finisca.

Tutto è finito e sono rinata non ho mai mollato nonostante i momenti di negatività…

Il cancro mi ha portato via la mammella destra e i linfonodi, ma non la voglia di vivere…

Non so se ho vinto la mia guerra, ma sicuramente tutte le battaglie che mi si sono poste davanti… e auguro a tutte di fare come me… arrabbiarsi aiuta a non lasciarsi andare.