Un martedì alle Cascine

"Passò oltre e non si fermò finché non arrivò alla bancarella dei vestiti quella che in genere la interessava di più. Lì si poteva sempre trovare un’idea, un’occasione anche per fare un regalino. Come aveva fatto due mesi prima per il compleanno di Lucia: una giacca nera di lino ad un prezzo irrisorio aveva reso felice la sua amica..." di Francesca Maria Casini

 

Tanto valeva andare al mercato visto che era martedì. La giornata era buona, né troppo calda, né troppo fresca. La nausea mattutina, che ormai non la lasciava più, era quasi accettabile dato che erano passati dieci giorni dalla terza chemio.

Di studiare o di leggere invece nemmeno il fiato. Forse un po’ d’aria fresca ed una giratina a piedi, le avrebbero fatto bene. E poi si sarebbe svagata: il martedì alle Cascine ci sono tante di quelle cose da vedere, da sentire, da immaginare.

Peccato non poter inforcare la bicicletta come prima e pedalare veloce con l’aria in fronte per quei bei viali ombrosi! Ma ora aveva molta paura di rimontare in bici; non si sentiva sicura come se fosse un’altra quella che pedalava e lei con quell’altra non aveva ancora molta confidenza.

Sì perché ce ne erano due di Anna, la prima, cioè l’Anna in buona salute, esuberante, solare, vivace ed un’altra Anna smarrita, malata, stanca, triste con cui ancora non aveva imparato bene a convivere.

Ma per questa nuova Anna lei provava paura e tenerezza insieme e una gran voglia di curarla. Non solo, l’avrebbe anche aiutata a superare questo brutto guaio. Bisognava solo aspettare, procedere a piccoli passi, forse anche a tentoni, mantenendo il contatto aperto.

Però era terribilmente difficile far funzionare insieme queste due parti di se stessa: spesso perdeva di vista o l’una o l’altra, ma ogni tanto riusciva ad abbracciarle entrambe in uno sforzo faticoso e quasi massacrante, perché troppo spesso si sentiva persa, spezzata, frantumata. Ma nel cuore, proprio in fondo al cuore, una invincibile insensata speranza.

Alfonso fu presente e stimolante: “Una passeggiata alla Cascine? Ottima idea! Ti farà bene, ti distrai un po’. E se vuoi ti accompagno io in macchina”. Purtroppo Anna non se le sentiva di guidare la macchina anche se le era sempre piaciuto. Di solito si rilassava al volante, invece ora si sentiva terribilmente in tensione.

“No, no, vado da sola, sono abbastanza messa male, ma non fino a questo punto! Ciao amore, torno quando mi va!” si riscosse decisa Anna.

Allora si va a piedi su per il viale. Se poi la fatica fosse stata troppa per il ritorno c’è sempre l’autobus. Nel vecchio portafoglio blu Anna aveva già il tagliando di invalida civile e l’abbonamento Ataf scontato: tanto valeva usarlo. “Che vantaggio aver avuto un bel cancro a destra e a sinistra” si prese in giro da sola “praticamente viaggio gratis e con un seno come nuovo!”.

Al primo semaforo rosso si accorse che stava sudando e rallentò. Ma camminare le fece bene, piedi e gambe si scioglievano nelle scarpe e nei pantaloni comodi.

Cominciò a sentirsi più tranquilla e in forze. Ben presto furono con lei gli alberi secolari nodosi ed alti che circondavano la strada lungo l’Arno, e le bancarelle già tutte disposte fitte ed ordinate sembravano attenderla.

Naturalmente non aveva bisogno di comprare niente: nonostante i farmaci non era ingrassata e non intendeva assolutamente farlo. Perciò girellò tra i banchi guardando in qua e in là svagata e curiosa, valutando le cose belle che si offrivano. C’era una bella borsa nera con molte tasche cernierate sul terzo banchino che incontrò, ma era pesante, stranamente pesante. No, il suo braccio non avrebbe tollerato un peso eccessivo.

Passò oltre e non si fermò finché non arrivò alla bancarella dei vestiti quella che in genere la interessava di più. Lì si poteva sempre trovare un’idea, un’occasione anche per fare un regalino. Come aveva fatto due mesi prima per il compleanno di Lucia: una giacca nera di lino ad un prezzo irrisorio aveva reso felice la sua amica.

Sulla bancarella il solito tumulo di abiti, giacche, magliette, jeans, gonne. E tante mani femminili che roteavano e manipolavano questo fasciame di colori.

Sollevò distrattamente un maglioncino giallo, che si tirò dietro una gonna fantasia sul lilla, arricciata, decisamente simpatica. La tirò verso di sé per osservarla meglio perché quello era il suo colore preferito. Ma dietro la gonna un’altra mano femminile gridò: “No, mi scusi la sto guardando io!”

“Abbia pazienza” si scusò Anna, “Non me ne ero accorta, mi è venuta dietro col maglioncino”.

“Carina però questa sottana” aggiunse subito dopo con convinzione “magari con le gambe un po’ abbronzate starà benissimo!”

E la voce della mano con un sospiro: “Non potrò andare al mare quest’anno perché devo seguire mia madre che è molto anziana e malata!”

E Anna senza pensarci: “Anch’io non posso andare al mare, devo fare la chemioterapia!” Le parole le erano venute semplicemente così vere e sincere.

Un abbraccio grande tenero e forte la avvolse. Una signora, di cui forse non aveva nemmeno avvertito la presenza, la stava abbracciando con una dolcezza infinita: “Ce la farà, vedrà, lei è forte, abbia fiducia. Con il suo bel sorriso lei, ce la farà… Glielo dico io, perché ci sono passata anch’io.”

Anna si ritrovò seduta sulla riva dell’Arno: non seppe mai come ci fosse arrivata e che cosa l’avesse spinta fin lì. Si accorse solo che piangeva piano, e queste lacrime le facevano bene, perché erano lacrime di pietà per sé e per la sua malattia.

Il fiume scorreva placido e stranamente sembrava più pulito; l’erba su cui sedeva era fresca e folta di un verde nuovo.

Sì, ce l’avrebbe fatta! Anna lo aveva sempre saputo e quella dolce sconosciuta, di cui ricordava solo gli occhi buoni, lo aveva avvertito prima di lei.

La ringraziò di cuore, anche se non sapeva nemmeno il suo nome, tirò un sospirone e poi con energia nuova si affrettò verso casa.