Tu racconti e io... penso...

"Oggi è 20 aprile 2011… sono passati 30 anni dal 2 aprile 1981… quando anch’io ebbi questo grande dolore… allora tutto cambiò, tutto prese un’altra dimensione e il mondo all’improvviso ebbe una diversa chiave di lettura. L’ho già scritto che per me “il 1981 è la linea netta di demarcazione tra due mondi diversi; tra due modi diversi di vedere e concepire la vita e la gente… tutto cambiò e prese un nuovo aspetto a volte peggiore a volte migliore…" di Mirella Maria Michienzi

Palazzo Vecchio… Salone de’ Dugento… sono stata invitata dal “Centro Donna Come Prima” alla premiazione degli scritti più belli che parlano di esperienze vissute… anzi di un’esperienza vissuta… dolorosa, come non mai, per una donna…

Mi sento attonita, mi guardo attorno smarrita come sono volati questi anni… portandosi dietro la gioia dell’anima e lasciandomi, pur tuttavia, una “maschera coriacea” che sapientemente nasconde i sentimenti più intimi.

Oggi è 20 aprile 2011… sono passati 30 anni dal 2 aprile 1981… quando anch’io ebbi questo grande dolore… allora tutto cambiò, tutto prese un’altra dimensione e il mondo all’improvviso ebbe una diversa chiave di lettura. L’ho già scritto che per me “il 1981 è la linea netta di demarcazione tra due mondi diversi; tra due modi diversi di vedere e concepire la vita e la gente… tutto cambiò e prese un nuovo aspetto a volte peggiore a volte migliore… la visione del mondo apparve in una dimensione più veritiera… la tragedia più grande fu di vedere in un’altra maniera le persone… perché si tramutarono in altre di cui, come prima, c’erano solo i tratti somatici, ma... l’animo era tutto diverso… Fu come svegliarsi e ritrovarsi in un mondo diverso e sconosciuto.” (Donna più di prima ovvero Catarsi, di Mirella Michienzi, ed. Laruffa )

Il mio calendario personale, ormai, è datato: a.1981 – d.1981…

I miei pensieri sono interrotti dall’arrivo di una dottoressa dell’ITT, grande donna, calabrese come me, che nel 1986 riuscì con la sua dolcezza a farmi tornare al centro di viale Volta; grande professionista che con semplicità, senza nessuna ostentazione, ha portato avanti, e porta, tanti progetti di supporto per la donna operata…progetti che tanti anni fa erano solo chimere…

Vado prontamente a salutarla.

“Signora Mirella - mi dice - per noi, però, non ha scritto niente .”

Le rispondo: “ Mi è passato di mente, ma scriverò.”

Non è vero che mi sia passato di mente… la verità è che è molto difficile scrivere al riguardo, è come risvegliare un dolore che tra l’altro non si è mai sopito, anche se lo scorso anno ho scritto un libro… Donna più di Prima, ovvero Catarsi… perché, in effetti, il dolore anche se lacera fortifica; anche se prende all’improvviso con violenza travolgente tuttavia ti dà una grande possibilità quella, cioè, di riflettere, di pensare, di paragonare, di mettere alla prova, di conoscere soprattutto l’altrui dolore e… allora, e solo allora, si può divenire donna non come prima, ma più di prima!

C’è la lettura di tutti gli scritti pervenuti, donne che raccontano senza, forse, rendersi conto che quel dolore, quelle sensazioni, quelle paure colme di disperazione, quasi come un grido assordante di aiuto disperato, appartengono e sono comuni a tutte le donne che hanno subito un intervento tale… tale a tal punto… perché causa un doppio dolore disperato… tumore e per di più nella parte più bella per una donna, in quella che esprime maggiormente la femminilità, in quella che permette di allattare le nuove vite.

… Tutte raccontano... tutte ricordano… e per me è come un andare indietro nel tempo, anche se, in questi trent’anni, non c’è stato giorno, minuto in cui me ne sia dimenticata.

Racconti dolorosi che sono un coltello nelle mie piaghe mai rimarginate. E credo che così sia anche per le altre.

… Non vedo l’ora che tutto finisca…

C’è una donna giovane con meravigliosi occhi verdi, con la parrucca… evidentemente per la chemio, che si racconta in maniera particolare… non fa il solito diario di come l’ha saputo, della serie di visite ed accertamenti, dell’operazione… Lei parla di una principessa rapita dall’orco che la rinchiude in un castello ed i parenti si allertano per liberarla. Cara… cara giovane compagna in questo cammino doloroso e pieno di speranza… anch’io allora ero giovane… Tu con il tuo linguaggio “simbolico”, nato in maniera freudiana spontaneamente ed inconsciamente, non ti sei resa conto (ma nemmeno la giuria) che hai indicato a tutti una via da seguire…

Indubbiamente il tuo scritto è il migliore proprio per questa particolarità di stesura.

Le letture continuano e il mio dolore ed il mio disagio aumentano… sono storie comuni a tutte che, però, risvegliano i ricordi…

Fortunatamente manca in questi racconti qualcosa che c’è nei miei… la solitudine nel dolore; il disprezzo e le parole piene di insofferenza e di arroganza… subiti nei momenti di dolore disperato… o forse c’è chi li ha provati e li prova… e non ha il coraggio di confessarlo.

Ci vuole un gran coraggio a farlo… io solo di recente l’ho fatto e… mi sono sentita finalmente libera, gratificata, arricchita.

Il Direttore Generale dell’ITT dice che qualcuno ha scritto che sarebbe preferibile fare una festa gioiosa con i clown… mi sembra bella questa proposta, perché stimola ad andare verso “un dimenticare”, dove, però, non ci dovrà (né ci potrà) essere posto per battute di spirito gratuite ma solo per l’auto-ironia.

Aggiunge che forse è preferibile nelle prossime edizioni invitare anche gli uomini e far loro scrivere le proprie personali esperienze di dolore.

Mi sembra una cosa giusta, perché, uomini e donne, abbiamo tutti da raccontare… anche se il male ci colpisce in posti differenti.

Ma ecco che immancabilmente si ricade nella riunione-racconto del lungo elenco di dolori provati!

E non era quello che volevo dire, era tutt’altro… volevo dire ritrovarsi… di sesso diverso, di diverse fasce d’età, di diversa cultura, religione o estrazione sociale, colpiti dal male e non… e sentirsi accomunati, sentirsi capiti e capire, sentirsi reciprocamente sostenuti e sostenere, senza tante parole ma con sguardi pieni di significato espressivo.

Non potremo mai essere donne e uomini fin quando ci considereremo “settori a sé”, fin quando ci comporteremo “come isole” rispetto all’altro sesso.

Conosco molte donne che mi hanno ripetuto, e mi ripetono meccanicamente: “Siamo donne come prima, siamo donne come prima…” ma i loro occhi sono allucinati e più che altro cercano di convincere se stesse… Non basta frequentare questo Centro, non basta partecipare alla corsa per Firenze, non basta fare le gare di canottaggio sull’Arno… ci vuole qualcosa in più! Ci vuole una grande volontà che farà pervenire a una grandissima forza interiore, l’unica che porta a traguardi insperati.

Quando faremo del dolore non solo un doloroso diario ma, soprattutto, motivo di un’analisi introspettiva che ci porterà a capire e a comprendere noi stesse ma anche chi ci è vicino; quando capiremo l’universalità del dolore; quando riusciremo a capire il valore costruttivo del dolore in quanto ci permette di squarciare le menzogne, le falsità… conducendoci verso i veri valori, primo fra tutti il rispetto non solo per gli altri ma soprattutto per noi stesse… allora, e solo allora, potremo dire di essere divenute “donne non come prima ma più di prima”.