Luci ed ombre

"In quella sala d’attesa sono tesa e pessimista, stupita da quella reazione così diversa dalle altre volte.

Durante l’esame, che consiste in una risonanza magnetica, mi addormento, il mio organismo risponde spesso con il sonno al senso di smarrimento. È un’evasione fisiologica..." di Alessandra Benvenuti

 

Ero seduta alla mia scrivania come tutte le mattine, un po’ attenta un po’ no a ciò che mi accadeva intorno. Risate, commenti di colleghe arrivavano dalle altre stanze e solo marginalmente attiravano la mia attenzione. Ero con lo sguardo e la mente al video e vedevo scorrere numeri e numeri è il mio lavoro.

Ad un tratto squilla il telefono nella stanza accanto e sento, dal tono di voce della collega, che non sono belle notizie. È morta, grida la mia collega e fa il nome di una persona che io non conosco.

Le brutte notizie fanno sempre capannello e così si forma nel corridoio una folla di persone a commentare l’evento. C’è chi ricorda questa persona come era, chi rivive gli ultimi tempi della malattia che, all’improvviso e senza il tempo di rendersene conto, l’ha portata via.

Anch’io mi trovo immersa in questa confusione, in questo turbine di parole ed emozioni e questo scatena in me un dolore profondo e silenzioso. Sono esternamente completamente bloccata, mentre dentro mi si scatena l’inferno.

Vortici di cattivi pensieri mi si attaccano alla mente togliendomi quasi il respiro. Sembrano sciami di corvi che mi travolgono.

La testa mi gira, ho bisogno di staccarmi da quella potente fonte di dolore.

Rifletto sul perché di quella reazione così violenta ma la risposta mi arriva immediata forte e chiara. Solo l’indomani sarei dovuta andare a Careggi per il controllo, per vedere se quel piccolo nodulo alla testa, formatosi alla fine della radioterapia era cresciuto. Sono mesi che viene monitorato e ogni volta che si avvicina il controllo la tensione sale.

Ho lavorato mesi per controllare ansia e paura, nei limiti del possibile, ma quella volta, quell’evento, mi aveva creato una inquietudine difficilmente gestibile.

La mattina dopo ero completamente confusa, tesa, quei corvi continuavano a girarmi in testa senza sosta.

Ogni pensiero prendeva la strada del buio lasciando molto spazio alla mente negativa di scorrazzare indisturbata.

In quella sala d’attesa sono tesa e pessimista, stupita da quella reazione così diversa dalle altre volte.

Durante l’esame, che consiste in una risonanza magnetica, mi addormento, il mio organismo risponde spesso con il sonno al senso di smarrimento. È un’evasione fisiologica.

Alla fine dell’esame mi si presenta il solito conflitto tra la voglia di fuggire via ed il bisogno di avere una rassicurazione dal medico nel più breve tempo possibile.

Quella volta però avevo bisogno di trovare un appiglio per scaricare la tensione che non se ne voleva proprio andare.

Incrocio il medico nel corridoio e lo fermo senza esitazioni. Mi viene in mente quando alla messa si dice “Una parola ed io sarò salvata” ed è proprio così, basta una sola parola per ridarti il respiro la vita.

Ma quella volta le cose dovevano andare diversamente, in fondo me lo sentivo, dentro di me già lo sapevo.

“C’è qualcosa che non va” dice frettolosamente il medico, ma ne riparliamo quando i risultati saranno più precisi,

Quando i risultati saranno più precisi? Penso io, e chi mi libera dalle tenebre dei prossimi giorni?

La mia mente è già piena di paura e sul momento non riesce nemmeno a gestire la notizia. Sono così avvolta dall’ansia che appena arrivata a casa mi metto a letto a dormire (solito stratagemma per non vedere, sentire, soffrire).

Quando mi sveglio mi assale l’ansia, mi prende la bocca dello stomaco e poi su per tutto il corpo.

Ho paura, penso, si ho paura di morire.

Fino al giorno prima rispondevo felice alla vita dove, dopo intervento, terapia e sostegno psicologico, avevo ritagliato nuovi spazi in cui mi muovevo con serenità e piacere e di cui andavo orgogliosa. Non potevo pensare che adesso era con pensieri di morte che mi confrontavo.

No l’idea di perdere tutto mi faceva impazzire, la mente negativa aveva ancora il sopravvento e mi spingeva verso il basso.

Arriva il fatidico martedì e mi trovo davanti alla dottoressa. L’ansia continua a tormentarmi.

“Qualcosa non va e bisogna intervenire”.

Almeno queste parole sono state meno traumatiche di quanto poteva accadere, visto che questo lo sapevo già, mi mancava solo di scoprire come aggredire il problema.

La dottoressa parla ed io riesco a cogliere solo alcune parole. Mi concentro sulla parola “chemioterapia” che già di per se mi sconvolge a sufficienza.

Ero riuscita a sfuggire da quell’inferno al primo giro, ma ci sono cascata al secondo.

La dottoressa continua a parlare ed io colgo qualche altro sprazzo. “Pillole” cinque giorni al mese.

Non riesco a comprendere altro sui dettagli specifici della patologia, la mente, però, acquista un barlume di lucidità al pensiero che ce la può fare, forse non è così terribile. Breve calcolo cinque giorni, ce ne sono altri 25 in un mese.

Quei cinque giorni forse si può fare una vita normale o quasi. Valuto i miei spazi fatti di yoga, di lavoro con il coro di cui faccio parte, le lezioni di canto e le giornate da trascorrere con il nipotino.

Sì se riesco a proteggere quanto ho costruito in questi mesi ce la posso fare!

L’umore comincia a salire, la mente comincia a trovare nuove soluzioni volte a svolgere il suo più antico compito, l’adattamento al fine della sopravvivenza.

Ho in programma due concerti con il coro per i mesi di marzo e aprile ed il giorno dopo prendo il telefono, chiamo il gruppo di chemioterapia e mi faccio spiegare quanta elasticità è consentita in questi 5 giorni di terapia.

Si può fare, c’è la possibilità di gestirsi parzialmente la terapia a seconda degli impegni.

Io riprendo fiato, mi sembra che l’aria sia meno pesante, mi accorgo che le possibilità sono ancora tante, la qualità della vita non e così compromessa.

Riesco a gioire di questa cosa che non mi sta dando alcuna certezza per il futuro ma, illuminando il presente, mi consente di concentrarmi sul “qui ed ora” senza paura, forse regalandomi anche la capacità di godere di ciò che intorno c’è adesso.

L’ansia e la paura della morte ci sono sempre ma sento che hanno perso buona parte della loro forza su di me.

È scegliere la vita la mossa sicuramente vincente per ciascuno di noi e la vita non mancherà di ricompensarti.

Adesso ho da fare, mi devo esercitare per il concerto che faremo a teatro ed ho da studiare alcuni pezzi di opere liriche. Musica, suoni, voce che meravigliosa droga, priva di effetti collaterali e svincolata da limiti di legge nel consumo.